Il termine musica elettronica ormai è un termine di uso comune che descrive un’infinità di sfumature di un non genere musicale.
Con il termine elettronica il mercato è riuscito a sintetizzare tutte le eccezioni alle scelte di strumenti tradizionali in fase compositiva e timbrica degli elementi presenti in una canzone.
Se non c’è chitarra, basso e batteria nel loro utilizzo più comune allora parliamo di musica elettronica.
La musica elettronica che comprende la computer music e anzi dovrebbe forse essere chiamata così, si basa sull’utilizzo di software e hardware in grado di generare suoni da diverse tecniche come la sintesi o il campionamento e nasce nei laboratori di ricerca negli anni 40/50.
Il suo primo impiego è proprio per la sonorizzazione di spot pubblicitari e video dimostrativi stile documentario delle attività svolte all’interno dei dipartimenti di ricerca.
Raymond Scott, Pierre Shaeffer, Luigi Nono, Stockausen, Tom Dissevelt sono i pionieri di una rivoluzione che ha avuto un’onda d’urto sulla concezione della musica e della società contemporanea.
Il primo videogioco nasce nell’università di Cambridge nel 1952; “OXO” il gioco del tris sviluppato su piattaforma Edsac da A.S. Douglas apre le porte alla forma di intrattenimento più rivoluzionaria del XX secolo.
Il mercato americano e giapponese negli anni 80 sono i protagonisti di un’affascinante contesa per il primato di un mercato potenzialmente infinito, in un nuovo mondo di avventure, livelli e game over.
Le prime piattaforme con musiche per videogame
La Nintendo e i suoni a 8 bit di Koji Kondo, Il Commodore 64 e diverse altre piattaforme come Atari hanno scritto la storia di questo binomio di musica sviluppata e scritta appositamente per i videogiochi, utilizzando i mezzi limitati di un campionamento approssimativo e una gamma sonora che rivendicava a squarciagola il concetto di computer music e il dualismo uomo/macchina, reso di dominio pubblico e inserito nella pop culture dal gruppo tedesco dei Kraftwerk.
Miki Higashino, Jesper Kyd e molti altri sono i professionisti del settore, i maestri; ma la vera Pietra miliare, il videogioco che ha segnato un punto di non ritorno di un’intera generazione è stato Wipe Out 2097 con una colonna sonora che vedeva nell’ordine: The Future Sound of London, Underworld, The Chemical Brothers, Daft punk, Prodigy, Photek, Orbital e molti altri.
Da quel momento come nella filmografia degli anni ’90 gli astri nascenti della cultura rave degli anni ’90 cominciavano a diventare star e venivano cercati dalle compagnie di videogiochi per firmare le colonne sonore su console sempre più performanti, risoluzioni grafiche per i tempi spaventose e musica che poteva essere riprodotta alla massima qualità e volume.
Questa forza vibrante e i suoni evocativi della musica elettronica sono stati quindi l’ingrediente segreto per rendere i mondi virtuali dei videogiochi immersivi, un altro, un rifugio in cui immergersi uscendo completamente dalla realtà.
Un percorso parallelo, empatico quello tra videogame e musica elettronica che ha descritto e rafforzato un concetto di rapporto sublime tra uomo e macchina, tra automazione e istinto che ha trovato diverse forme di espressione e ha aperto le porte a mondi virtuali inesplorati.
Autore: Edoardo Pietrogrande