Salve a tutti!
Ci troviamo presso le Fonderie Sonore per parlare del Moog Sub Phatty che è uno degli oggetti didattici utilizzati tanto nel Corso di Sintesi Analogica Avanzata quanto nel Corso di Sintesi e Campionamento.
L’oggetto è molto divertente, costa il giusto, suona tanto, tanto, tanto quindi cosa dire… buon divertimento!
1. Descrizione del Moog Sub Phatty
Il Moog Sub Phatty è un sintetizzatore analogico monofonico che eredita buona parte della circuitazione del vecchio Moog Little Phatty unendo però una serie di interessanti novità relative alla presenza di un sub oscillatore (da cui il nome dello strumento) e un redesign generale che vede un nuovo circuito di distorsione basato sui componenti phat che agisce prima e dopo il filtro comprendendo quindi un trattamento duplice che cambia parecchio il contenuto armonico del segnale passante.
Lo strumento non è difficile da gestire in quanto presenta per la prima volta in questa fascia di prezzo Moog tutti quanti i controlli sul pannello Comandi che sono quindi impaginati seguendo il classico andamento da sinistra verso destra.
Ci sono 16 memorie organizzate in 4 banchi da 4 ciascuna e con questo meccanismo di tasti è possibile lavorare in maniera oggettivamente non troppo semplice per raggiungere Pagina 2 ovvero i pannelli successivi secondari che gestiscono, controllano i parametri di non immediato accesso.
Per nostra fortuna esiste l’Editor che invece offre la parte a scomparsa del pannello relativa ai parametri di minore accesso a livello quantitativo e a livello di frequenza di impiego.
In tutti i casi si può lavorare anche in assenza dell’Editor, basta essere sufficientemente coraggiosi.
Come per il vecchio modello, anche in questo caso ci sono diverse sorgenti sonore che devono essere studiate ma che è facile gestire. La sorgente sonora principale, l’oscillatore, ce ne sono due, differenziati tra loro per la possibilità di essere accordati diversamente rispetto alla tenuta nominale delle note eseguite con la tastiera.
Ascoltando soltanto l’oscillatore 1, e nell’oscillatore 1 è possibile avere la scelta progressivamente variabile della forma d’onda che cambia con continuità da triangolare, a quadra e poi a impulsiva, fino a raggiungere le massime strettezze dei rapporti di asimmetria particolarmente estremi.
Come nel Voyager, che è il modello più costoso, anche in questo strumento è possibile variare con continuità la forma d’onda, quindi una sorta di super shape modulation sul segnale che ci permette di atterrare su quello che ci serve: in questo caso un dente di sega tradizionale può essere poi doppiata dal secondo oscillatore.
2. Sub Oscillatore
La cosa divertente di questa macchina è appunto la presenza del sub oscillatore che permette la generazione di un’ottava inferiore rispetto alla frequenza prodotta dal primo.
La cosa ancora più divertente del sub oscillatore è che, come tradizione vuole, produce soltanto un’onda quadra, ovvero è indifferente questo circuito al tipo di forma d’onda generato dall’oscillatore principale e poi sottoposta a divisione.
Se chiudiamo il volume d’uscita dall’oscillatore 1 e ascoltiamo soltanto il suono del sub, possiamo fare quello che ci pare con il comando wave, avremo sempre soltanto un’onda quadra in uscita sub oscillatore che è quella che poi serve per ingrossare e appesantire il timbro.
La presenza dei due oscillatori, a prescindere dal sub, garantisce la possibilità di lavorare in perfetta intonazione oppure con un lieve battimento, oppure per intervalli paralleli, oppure usare il battimento esasperato sottoposto a distorsione pesante per creare degli andamenti ritmici particolari da incastrare in un contesto particolarmente aggressivo di “dubstep-iper -tiroidea”.
In aggiunta ai due oscillatori e al sub oscillatore c’è poi la quarta sorgente sonora e il generatore di rumore, e come da consuetudine Moog del nuovo millennio, il rumore in questione è un missaggio preconfezionato, di rosa e bianco, per cui anche a filtro tutto aperto c’è una componente bassa che non passa inosservata, e che permette quindi di sfruttare proficuamente il contenuto non pitchato del generatore di rumore.
3. Descrizione del filtro
Tutte e quattro le sorgenti sonore convivono allegramente nel mixer e raggiungono il filtro.
Il filtro in questione è un passa basso risonante classico Moog, è il classico filtro Moog brevettato nel 1964 che infiniti lutti ha dotto ai fabbricanti di twitter e che permette di creare suoni particolarmente aggressivi, particolarmente corposi ma liquidi nella loro analogicità anche se questo modello ha in più la possibilità di decidere quanti poli di attenuazione offre per ottava ovvero se lavorare a 6, 12, 18 o 24 dB di attenuazione per ciascuna ottava di passaggio.
Con l’Editor si può decidere quindi se il meccanismo lavora in modalità tradizionale a quattro poli, quindi 24 dB di attenuazione per ottava oppure, a 18 dB, 12 dB, 6 dB.
Aumentando il numero dei poli di attenuazione il suono si asciuga, quindi diventa più facile riprodurre timbriche ormai storiche.
Nel filtro, oltre alla frequenza di taglio, c’è la possibilità di mandare in auto oscillazione cioè di rendere instabile il percorso aumentando la resonance.
La resonance funziona anche in assenza di segnale in ingresso e eliminando la modulazione dell’inviluppo è possibile utilizzare il filtro auto oscillante come una bieca sorgente sonora sinusoide e quindi può avere spiccate evocazioni tristemente melodiche in aggiunta a quello ottenibile con gli oscillatori.
Possiamo partire con delle tragiche onde triangolari molto tristi, molto povere di energie e quindi decisamente poco efficaci, magari un minimo in battimento, e renderle più cattive mettendo al massimo la distorsione.
Normalmente sarebbe così, fradicio come un calzino bagnato, e invece diventa molto aggressivo proprio perché lavora per distorsione e per enfatizzazione del livello in entrata al filtro. Inutile dire che se oltre alla distorsione si utilizza anche la resonance, il meccanismo diventa ancora più aggressivo e preoccupante, meglio ancora se coadiuvato da una forma d’onda più ricca di componente armonica.
In aggiunta è ovviamente possibile controllare l’inviluppo con il generatore collegato e quindi avere la possibilità di articolare la frequenza di taglio programmando la funzione che può avere un attacco molto lento al limite dell’attesa straziante, oppure un andamento percussivo con decadimento assai corto, o un sustain di stazionamento che può essere minimo, massimo e per finire un tempo di rilascio diverso da zero che ci permette di far risuonare liberamente la nota anche dopo aver lasciato i tasti.
Non è tutto perché a questi comportamenti di base gli inviluppi del Sub Phatty offrono anche un corredo di parametri aggiuntivi che sono raggiungibili o da Pagina 2 oppure lavorando con l’Editor a disposizione.
Per esempio, dopo aver selezionato l’inviluppo del filtro è possibile decidere di avere una ripetizione sull’inviluppo che diventa praticamente una sorta di super oscillatore a bassa frequenza che può lavorare addirittura in modulazione di ampiezza e modulazione di frequenza se per caso si vada a mettere il loop anche sull’amplificatore. Cioè succede questo: terminato il proprio ciclo l’inviluppo ripete a una frequenza e a una velocità data da tempo di attacco, più tempo di decay, più tempo di release.
Cambiando i tempi di attacco e decay ovviamente cambia la curva di modulazione.
Ma a questo va poi aggiunta la presenza del LFO ufficiale dello strumento che può essere ruotato sulla stessa frequenza di taglio del filtro.
Anche in questo caso si può sincronizzare l’emissione del LFO creato attraverso l’inviluppo con l’emissione del LFO ufficiale tutte e due subordinate al gate di tastiera per cui ogni nota ha lo stesso comportamento quale che sia il momento in cui viene premuta e questo permette di ottenere risultati timbrici ripetibili tra una nota e l’altra.
Adesso sganciando le ripetizioni e liberando i comportamenti di LFO e di inviluppo torniamo a lavorare in una condizione più o meno normale in cui i nostri oscillatori sono scordati.
Un classico limite della tecnologia analogica è quello che vede il raddoppio di velocità di battimento o il dimezzamento della velocità di battimento spostando, salendo o scendendo di ottave. Questo rende impossibile la creazione di quelle timbriche articolate in battuta perché l’effetto ritmico stesso diventa collegato all’intonazione della nota.
Mentre invece potrebbe essere necessario nella mente malata di un programmatore avere questo tipo di andamento ritmico costante quale che siano le note eseguite. E allora per questo motivo diventa necessario a colpi di Editor trasformare il parametro di frequency in parametro di beat frequency cioè con la possibilità di impartire alla frequenza del secondo oscillatore un offset espresso in valori assoluti cioè in Hz e non in intervalli; ovverosia decidere che tra i due oscillatori vagamente sottoposti a distorsione quindi arricchiti nel loro interagire timbrico questo tipo di variazione ritmica che rimane costante anche salendo o scendendo di ottava. E questo permette finalmente l’allineamento in battuta dell’effetto quale che esso sia. Per aggiunta facciamo notare come grazie al reset degli oscillatori sul gate, in pratica, grazie a una sincronizzazione forzata del ciclo di carica e scarica dei condensatori che decidono il funzionamento degli oscillatori analogici sia possibile impilare sul nota off la massima dinamica per ogni nota che viene eseguita; ovvero un conto è suonare in questo modo e quindi rischiare per ogni nota di avere un volume vagamente diverso che corrisponde al punto di ciclo in cui sono pizzicate le emissioni degli oscillatori.
Altro discorso è avere la certezza che ogni nota risulterà perfettamente allineata al massimo della dinamica possibile e quindi ogni parte della sequenza sparerà al 100% della sua possibilità; è un altro dei giochi offerti dall’Editor o da Pagina 2 del Pannello Operativo sempre che si voglia poi approfondire queste caratteristiche.
La sezione delle modulazioni permette di raggiungere l’intonazione degli oscillatori per creare ad esempio dei vibrati, possono avere disegno in base alla forma d’onda selezionata come sorgente di modulazione, in questo caso un valore randomico, però potrebbe anche essere possibile assegnare il vibrato ad uno solo degli oscillatori, ad esempio il 2 che magari messo sotto sincrono permette di ottenere dei classici suoni all’Apollo 440 o quello che volete, basati appunto sull’interazione tra modulazione forzata del secondo oscillatore e trasposizione altrettanto forzata in Hard Sync da parte del meccanismo che abbiamo innescato.
Oltre alla frequenza dei due oscillatori si può controllare l’apertura del filtro, un effetto Wah-Wah ad esempio, con il disegno desiderato, dal meteo allo squalo troppo veloce come squalo ma abbastanza veloce come meteo, una cosa del genere è già uno squalo abbastanza minaccioso, oppure si può lavorare sull’ampiezza di variazione delle forme d’onda. Quindi tenendosi con un andamento di inviluppo sufficientemente rilassato aperto così si può automatizzare l’escursione del tipo di forma d’onda che in pratica automatizza la corsa di questi due potenziometri.
Nell’Editor è possibile decidere poi se i due inviluppi, amplificatore e filtro, vengono visualizzati una volta e questo è il motivo per cui molto spesso all’inizio non si capisce chi sta controllando cosa. Nei due inviluppi controllabili attraverso l’Editor si può decidere chi va ad articolare il generatore cioè la partenza dell’inviluppo stesso. Può essere il comportamento normale dei tasti in esecuzione nota ON e nota OFF, la presenza di un eventuale segnale esterno collegato alla porta gate input dello strumento, la somma di tastiera e segnale esterno oppure una condizione costantemente in ON che può avere un senso nel caso si volesse eventualmente filtrare il segnale audio ricevuto dall’esterno per schiaffarlo dentro al filtro passa-basso.
In questo momento l’amplificatore è contenuto costantemente aperto in ON dall’inviluppo di amplificazione che è congelato, ma ovvio che se noi cominciamo a lavorare con l’altro inviluppo che è quello di filtraggio magari mettendolo in capacità di repeat e sottoponendo anche esso in ON, diventa possibile creare degli incastri ritmici che ancora una volta dipendono dai tempi impostati nella struttura di inviluppo di filtraggio.
A questo punto è possibile recuperare i comportamenti dei due inviluppi riportandoli in Keys ovvero nella posizione di normale funzionamento di innesco da parte della tastiera per poi riprendere possesso del pannello e costruire un tipo di timbrica ritenuto più importante.
E’ inutile dire che se c’è una differenza tra la posizione fisica del comando sul pannello e la posizione letta sull’Editor come in questo caso dove io posso avere una frequenza di taglio a 5000 Hz di pannello editor che corrisponde nella realtà dei fatti a una lettura di 320 Hz fisica il musicista non capisce più niente perché si immagina di avere un filtro completamente chiuso mentre invece corrisponde nella realtà dell’Editor a un filtro completamente aperto. Basterebbe avere dei potenziometri motorizzati e il problema non ci sarebbe ma questo significherebbe pagare la macchina qualche decina di migliaia di euro e noi non vogliamo niente del genere; per cui la cosa da fare è sintonizzare manualmente la realtà del pannello comandi con la realtà dell’Editor degnandosi di girare le manopole che poi è la filosofia di base che andrebbe seguita per ogni apparecchio di tipo analogico.
In questo modo è possibile sperimentare fino in fondo le funzionalità timbriche dell’apparecchio che garantiamo sono ampiamente superiori al prezzo richiesto.